È quando guardi tutto da una prospettiva lontana, mentre la natura ti ricorda di esistere da molto prima di te, che ti accorgi di quanto il nostro ego sia spropositato in rapporto a chi siamo e a quanto resteremo su questo mondo.
Mi è capitato spesso in viaggio, soprattutto in Nepal, quando vedi l'Himalaya apparire dal finestrino dopo essere convinto di aver già superato la terra e volare sopra le nuvole, di ridimensionarmi. Attenzione, non ridimensionare i miei sogni, le mie idee e il mio entusiasmo, ma ridimensionarmi io come persone in relazione a ciò che mi circonda e permane su questo pianeta.
Così ho riflettuto a lungo sui rapporti umani..
Quando si creano rapporti e si cerca di fare rete, nel mio campo (quello dell'attivismo), ma come in tutti i riflessi della vita, ci si scontra con l'egocentrismo; quello degli altri, delle altre e il nostro. La convinzione di essere radicati e sicuri come un albero a cui, intorno, hanno costruito un tempio buddhista e legato bandiere di preghiera e pellegrinaggio, ci assale.
Noi però non siamo alberi. Siamo più effimeri e meno veritieri, sempre in divenire, passando dal torto alla ragione, cambiando prospettiva o semplicemente occhiali da vista.
Creare relazioni, aprirci con fiducia e accogliere ciò che di nuovo il mondo vuole offrirci (FARE SORELLANZA) è la mossa più intelligente che possiamo fare in questa breve partita a scacchi che la vita ci ha donato. Spesso, devo dire, incontro persone che rispecchiano tutto ciò e sento che se il fine è lo stesso, insieme, smuoviamo maree.
E' il caso di Domitilla (domimarzu.illustration), illustratrice e libraria di San Gimignano, con cui ho intrapreso una collaborazione per tanti progetti che vi mostreremo presto.
Intanto ecco Aspasia illustrata da lei:
Tornando al viaggio in Nepal:
Era una mattina di aprile. Ero in Nepal, più precisamente a Casa Nepal, la
struttura protetta di Apeiron che ospita donne vittime di violenze e
discriminazioni di genere. Casa Nepal, un luogo indescrivibile di sorellanza,
umanità e sostegno, mi ha fatta piangere non appena ho messo piede nel cortile.
Siete mai statə in un luogo dove l’energia era così forte da percepirla nell’aria,
nelle piante che sbucavano dai mattoni e nella terra sotto i piedi?
Per me, quel luogo è Casa Nepal.
Più forte di quell’energia, solo il nodo in gola che non se ne andava, dopo aver
scoperto che il suicidio è la causa di morte più frequente per le donne tra i 15 e i
49 anni. Più della metà delle donne nepalesi ha subito nella sua vita almeno un
episodio di violenza, solo il 7% del 64% delle donne che hanno subito una
violenza sessuale, ha denunciato. La maggior parte ha tentato il suicidio.
Così, in quel giardino fatto di mattoni, di fronte a un albero dipinto, che su ogni
ramo riportava un nome, ho chiuso gli occhi e ho immaginato Asma, una
bambina appena nata in una famiglia di Kathmandu e già non voluta per il
semplice fatto di essere una femmina.
Asma però non lo sa, non sa che la nascita di una femmina in famiglia è motivo
di dispiacere, in quanto prodotto di una mentalità misogina che ha retaggi
patriarcali millenari.
Asma cresce, con meno diritti e meno possibilità dei suoi fratelli maschi.
Vorrebbe andare a scuola, ma le viene negato. Lei non lo sa che il problema
dell’istruzione in Nepal è legato a quello del genere, che solo il 17,9% delle
donne oltre i venticinque anni ha ottenuto un’istruzione secondaria completa,
contro il 39,9% degli uomini. Mentre guarda i suoi fratelli la mattina preparare lo
zaino con i libri per raggiungere la scuola più vicina, lei è già in piedi da ore, per
occuparsi delle mansioni domestiche. Perchè Asma non lo sa, ma il frutto di una
storia culturale, sociale ed economica basata sulla disparità di genere, vede nel
ruolo femminile solo “braccia per lavorare”.
vengono fatte sposare in tenera età così da non rimanere incinta prima del
matrimonio e non pesare economicamente sulla famiglia.
Asma, quindi, diventa moglie e ogni giorno subisce violenze fisiche e
psicologiche da parte del marito, che la costringe ad avere rapporti sessuali con
lui, che la picchia quando il cibo non è di suo gradimento o quando lei si
permette di parlare. “Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo,
parlare è ancora considerata la piú sovversiva” dice Michela Murgia.
Asma però non ha mai letto Michela Murgia e non sa che tutto questo è una
grande violazione nei confronti della sua persona e dei suoi diritti in quanto
essere umano. Le hanno insegnato che suo marito è il suo Dio, il suo Maestro e
lei non vale niente senza di lui.
Un giorno Asma, mentre percorre la strada di ritorno a casa dal mercato in cui si
reca ogni mattina per comprare la verdura, viene fermata da un signore che la
costringe con la forza a entrare in un vicolo e la stupra.
Asma fissa il vuoto inerme, non respira, non si muove, non piange. Si ripete solo
che anche questa volta è colpa sua. È colpa sua perchè indossa l’abito rosso,
quello forse troppo bello, perchè doveva camminare più veloce, perchè non
doveva salutare sorridendo. È colpa sua perchè è nata femmina.
Asma non racconta niente a nessunə di ciò che le è successo. La notte non
dorme. Di giorno le viene spesso da piangere, ma si trattiene. Dopo un mese,
però, si accorge di essere rimasta incinta. Una zia che ogni martedì la va a
trovare capisce che Asma non sta bene e la incoraggia a raccontarle l’accaduto.
Dopodiché, la convince a denunciare il fatto. Così Asma va dalla polizia locale e
denuncia lo stupro. Il marito infuriato la picchia, le dice che è tutta colpa sua e
che doveva tacere. La famiglia crede che ciò che ha fatto (aver parlato) sia un
vero disonore e che ci saranno delle ripercussioni in paese su di loro. Lo
stupratore prova a convincerla dandole del denaro in cambio del suo silenzio e
della ritira della denuncia. Asma non accetta, ma non può più restare nel paese e
così arriva a Casa Nepal.
Una mattina Asma si alza, scorre la mano sul suo ventre e si accorge che sta
crescendo. Prova a chiamare la sua famiglia, ma non trova alcuna comprensione,
solo disappunto. Asma è sola. Asma è una donna sola. Quali sono le sue
prospettive?
Va in bagno, trova un pezzo di vetro rotto a terra, si taglia il braccio sulle vene.
Asma pensa che forse esiste un mondo, che non è questo, in cui essere donna
non è una colpa.
Le operatrici di Casa Nepal la soccorrono e le danno subito un supporto
psicologico.
Asma è nel salone di Casa Nepal, seduta a terra, insieme a molte altre donne con
storie simili alla sua. Tante donne vittime di violenza e discriminazione. Una
signora dagli occhi azzurri come il cielo di Kathmandu, i capelli biondi lunghi, ma
raccolti in un fermaglio, le si avvicina e le sorride. Le dice che se ha voglia può
partecipare al progetto per imparare a cucire. Esistono molte realtà a
Kathmandu che assumono donne nel settore del cucito.
Ho riaperto gli occhi e l’albero era ancora lì, immenso, raffigurato sul muro
dell’entrata di Casa Nepal per ringraziare tutte le persone che hanno contribuito
alla realizzazione del centro. Ora ero pronta a intervistare tutte le operatrici di
Apeiron, di conoscere le storie delle ragazze e delle donne che sono passate da
Casa Nepal. Di scoprire il mondo di questa associazione nata per sostenere le
donne e i loro figli, sia in Nepal che in Italia. Ero pronta a raccontare tutto nel mio blog: Aspasia.
Così Barbara, con i suoi occhi azzurri come il cielo di Kathmandu, mi ha fatto
strada.
Vanessa Piccinini
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