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La bianchezza ci distrugge tuttə



Rafia Zakaria nel suo saggio contro il femminismo bianco denuncia aspramente la mancanza del concetto di politica all’interno di un femminismo marchiato di capitalismo, sempre più bianco e imborghesito. Rafia è un'avvocata, femminista, attivista, giornalista e autrice pakistana-americana. Il suo saggio è emblema disarmante del suo vissuto che si legge il più delle volte fra le righe. La sua esperienza di donna non bianca le restituisce la capacità di identificare la bianchezza, distaccarla dal movimento, esaminarla e denunciarla.

Quello che, ahimè, io femminista bianca non sono mai riuscita a fare.



Ma, grazie a questo libro ho appreso consapevolmente quanto le mie idee siano impregnate della bianchezza di cui l'avvocata tratta. Tutta la storia del femminismo è miserabilmente bianca. Ma, non bianca perchè è stata fatta solo da bianche. Bianca nel senso che è ricostruita e proiettata nelle teorie stesse attraverso il binocolo della bianchezza. Strumento "gentilmente" donatoci da uomini bianchi che ci ricordano quanto sono bravi a "farci spazio nel mondo".

Le donne nere, brown e asiatiche sono, invece, parti integranti del movimento femministe, solo che le loro voci, le loro storie sono non solo invisibili, ma anche private di realtà. Frutto di una storia coloniale che le ha spogliate del ruolo di protagoniste, additandogli molto spesso caratteristiche non veritiere, le loro voci sono state perse e la storia è stata spesso riscritta. Rafia è pungente e precisa nel ricordare quanto le loro battaglie, offuscate e spesso manipolate, sarebbero state preziose nel costruire un femminismo politico per tutte e tutti, senza distinzione di genere, orientamento sessuale, provenienza e colore della pelle.



Vi ho promesso che vi avrei parlato di Empowerment e voglio farlo attraverso questo libro. Secondo Zakaria il termine empowerment nato per abbattere ideologie e ricostruirne di nuove, attraverso spazi e voci di donne, si è completamente prosciugato, svuotato del senso politico che lo ha generato, per ridursi a individualismo. Le donne per emanciparsi devono ora partecipare all’economia monetaria, devono sventolare la loro sessualità, devono urlare “fica”, devono essere libere di indossare calze a reti e rossetti, devono finire sulle copertine delle riviste come donne forti e potenti. Devono semplicemente sostituire il maschio bianco, etero e benestante. Questo ha fatto sì che il femminismo fosse avvallato e condotto principalmente da donne bianche, ignorando la povertà, il razzismo, le discriminazioni delle donne non bianche. La solidarietà muore in onore di un individualismo che punta alla vetta del potere e non alla ricostruzione di esso.

Quello che ci vuole dire Rafia Zakaria è che non stiamo parlando di femministe bianche e femministe non bianche, ma stiamo parlando di quanto la bianchezza abbia condotto la storia del femminismo in maniera unilaterale, escludendo tantissime donne. Il femminismo si deve riappropriare di quel concetto di empowerment che poggiava sui tre pilastri fondamentali (potere, presa di coscienza e agency) per ricostruire insieme spazi e occasioni che possano comprendere le diversità di tutti e tutte. In questo senso, l’intersezionalità deve aiutare le voci di tutte le femministe del mondo a rinascere dalle ceneri.


Grazie Rafia perchè il tuo libro è non solo il ribaltamento di molte prospettive, ma il motore di tante nuove opportunità.

Da una giovane femminista bianca impregnata di bianchezza.

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