Come ho intervistato Keiko Ogura, la bambina sopravvissuta a Hiroshima?
Semplice: le ho scritto una mail.
Nel viaggio attraverso le donne in Giappone, ho avuto l'opportunità di visitare molti luoghi che mi hanno lasciato senza parole, ma nessuno come Hiroshima.
Appassionata di teorici contro il nucleare, alla domanda "Quali sono i tuoi libri preferiti?" Risponderei certamente L'ultima vittima di Hiroshima. Il carteggio di Claude Eatherly , il pilota della bomba atomica e Ghunter Anders, filosofo e importante sostenitore dell'anti-atomica.
Hiroshima, capite bene, doveva essere una tappa fondamentale di questo viaggio in Giappone. Così, mentre ricercavo sul web donne da poter intervistare, mi sono imbattuta nella storia di Keiko, sopravvissuta a Little Boy il 6 agosto 1945 a soli 8 anni. Ora, testimone orgogliosa e portatrice di pace.
Come ho fatto a intervistarla? Le ho scritto una mail, ho seguito le procedure dell'associazione degli "hibakusha" (i sopravvissuti alla bomba atomica) e sono stata per mesi in attesa, senza ricevere una risposta definitiva che mi consentisse l'intervista. Keiko però mi aveva risposto dicendomi che sarebbe stata onorata di parlare con una giornalista italiana e così mi sono affidata al mio sesto senso inguaribilmente ottimista e quel giorno mi sono presentata, secondo le indicazioni di Keiko, al Museo Memoriale della Pace di Hiroshima, dove lei stessa teneva una conferenza.
Al termine del dibattito, dopo foto e domande da parte degli spettatori, non avendo ricevuto i consensi ufficiali dal Memoriale, credevo di dovermi defilare e invece Keiko ha esordito così: "è qui presenta una giornalista italiana che mi ha richiesto un'intervista?" Sprigionavo gioia da tutti i pori "Yes I am, yes i am".
Con la determinazione di una donna che sa di avere una missione nella vita e divulgare la sua testimonianza al mondo intero vale più di ogni altra cosa, Keiko ci ha condotto in una stanza per avere tutta la privacy e il tempo di raccontarsi.
Non ho dovuto porgere alcuna domanda, lei ha iniziato a parlare e a mostrarmi tutti gli articoli che erano stati scritti sulla sua storia, tutti i riconoscimenti che le erano stati conferiti. Mi ha ricordato il primo incontro con Giacomina (Giacomina Castagnetti, partigiana di Castelnuovo Nè Monti). Ho pensato che tutte le donne che portano sulle spalle la Storia non hanno timore di mostrare se stesse e i loro grandi traguardi raggiunti.
Parlò per più di un'ora senza mai fermarsi e quando riuscì a chiederle cosa rappresentasse per lei essere una donna sopravvissuta, mi rispose: "noi donne siamo portatrici di pace".
Hiroshima non è un luogo dove la morte e l'orrore sono rimasti intatti.
Hiroshima è il luogo in cui la voglia di ambire alla pace regna sovrana.
Non respirerai morte camminando per Hiroshima, ma pace.
E io, fino a quel giorno non sapevo che odore avesse la Pace.
Grazie Keiko, racconterò la tua storia in tutto il mondo.
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