"L'istinto cerca di trovare enti liberi e razionali al di fuori di noi e di entrare in comunità con essi. Non mira a un rapporto di subordinazione, quale avviene nel mondo materiale, bensì invece a un rapporto di cooperazione. Quando invece una persona cerca di dominarne un'altra, non la tratta come essere razionale. La tratta come se fosse un animale un po' più abile degli altri. Non ci rendiamo ancora conto che siamo nati per essere liberi. Ci trattiamo l'un l'altro come schiavi e sembra che vogliamo restare tali." (Johann Gottlieb Fichte, La missione del dotto, 1794)
Se Fichte, il filosofo della realtà e della morale, grande sostenitore della Rivoluzione Francese e per questo ostacolato a suo tempo, riconosceva solo nella libertà altrui la vera libertà di se stessi, in quanto, secondo lui, il rapporto umano è fondato su un principio di cooperazione che non vede il gioco di potere come strumento di realizzazione del sè, non in una realtà "giusta moralmente", perchè nel 2023 dobbiamo leggere sentenze in cui lo stupro non è dichiarato come strumento di oppressione per detenere il potere su una donna che viene denigrata, privata della sua libertà, identità, e autonomia, quale è? Perchè non viene condannato come una delle più scempie azioni che privano la donna, che è e rimarrà vittima, della propria libertà e autodeterminazione?
Ieri sera, a Reggio Emilia, nella prima serata in apertura de LA FESTA, il messaggio di Fichte alleggiava nell'aria e grazie alla coordinatrice Francesca Baboni, risuonava nelle parole di sette donne che riunite sul palco si sostenevano attraverso sguardi e consensi, arrabbiati, forti, determinati e speranzosi, per discutere di violenza sulle donne. La giornalista e scrittrice Ilaria Bonuccelli, nonché caposervizio per Il Tirreno e referente della campagna contro la violenza di genere, autrice del libro Violenzissima, ha letto, per avviare la conferenza, la sentenza emessa a Marzo 2023, che dichiara non colpevoli di stupro due giovani diciannovenni, accusati di violenza sessuale ai danni di una diciottenne. Quello che riporta la sentenza è che i giovani ragazzi non avrebbero capito che la ragazza avesse detto loro di smetterla. In più, viene riportato, come fatto "altamente rilevante", che la ragazza avesse avuto in passato rapporti sessuali con uno dei due stupratori e che quella sera era ubriaca.
E' divenuto inevitabile per la giornalista a quel punto parlare sia da un punto di vista giuridico che educativo, ma anche politico, di CONSENSO. L'Onorevole Ilenia Malavasi, Deputata del PD, ha quindi continuato il discorso della Bonuccelli per sottolineare l'entità della legge sul consenso. Un rapporto sessuale non consensuale deve essere considerato uno stupro. È una delle principali misure contenute nella posizione negoziale sulla direttiva per combattere la violenza contro le donne approvata dal Parlamento Ue. In un paese come l'Italia, dove una donna su tre subisce violenza, ma solo il 27% denuncia, il termine consenso non appare. Il Codice Penale, infatti, prevede che ci sia violenza, minaccia, inganno o abuso di autorità, per decretare il fatto un reato. Quindi, ogni donna che trova il coraggio e la forza di denunciare, seduta al banco giurisdizionale (o meglio dei "giudizi da bar"), non solo deve rispondere per come era vestita, per come camminava, con chi era, chi aveva frequentato, se aveva chiuso una relazione, se aveva bevuto uno o tre drink, se era stata a letto con Topo Gigio in una vita precedente, se aveva mangiato un gelato indossando calzini colorati o calze a rete, ma deve dimostrare, anche e soprattutto, che è stata costretta ad essere violentata e stuprata. Non basta a una donna dire "io non ho dato il mio consenso, io ho detto NO, io non ero in grado di dire SI': che vuol dire NO". In Italia questo non esiste ancora e quindi finiamo per avere queste sentenze che, forse e dico forse, tra 15 anni la Corte Internazionale dei Diritti Umani ci appellerà come disgustose e non coerenti con i principi della carta dei diritti umani universali e delle donne in particolare.
"Se io sono una donna, posso uscire di casa nuda e non legittimerei nessuno, e dico nessuno, a stuprarmi, picchiarmi o abusare di me." Le parole di Roberta Mori, Consigliera regionale dell'Emilia Romagna, Presidentessa dell'Assemblea provinciale del PD, hanno scatenato un applauso verace nella platea. La Consigliera ha ribadito l'impegno politico che insieme alla Deputata Malavasi e alla Segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, sta portando avanti affinché la radice del patriarcato, che educa e legittima uomini a imporre la propria autorità attraverso la strumentalizzazione sessuale della donna, possa affievolirsi per sradicarsi del tutto e distruggere così la violenza di genere che altro non è se non la punta di un iceberg fatto di pregiudizi, di discriminazioni e di una cultura che dissemina odio e differenze.
La cultura che, secondo Antonella Incerti, Portavoce della conferenza delle Donne Democratiche di Reggio Emilia, deve partire dalle scuole e con le scuole. Deve parlare non solo di educazione dei sentimenti, ma di educazione di parità di diritti, di rispetto e di uguaglianza nella diversità. Una cultura che Fichte definirebbe "il sacro vincolo che unisce tutti gli uomini". Perchè come ci ricorda il filosofo è nel rendere schiavo qualcuno che ci ritroveremo schiavi. Possiamo essere liberi solo nella libertà degli altri.
Forse è questo il messaggio della copertina del libro Violenzissima, realizzata dall'artista Giulia Maglionico, che vede una Monnalisa, davanti a un tramonto rosa, con un occhio nero e un braccio ingessato con sopra il messaggio: "le scuse che assolvono i violenti" a cui aggiungerei "schiavi del patriarcato."
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