Marianna The Influenza decide di scrivere Nera con forme, non per darci un manuale di soluzioni su come combattere la grassofobia, ma su come "fare rumore". (Ci tengo ad informarvi che questo articolo sarà interamente scritto al femminile, come il libro di Marianna.)
Marianna Kalonda Okassaka, di origine marchigiana, ma dal colore della pelle che ancora le sbatte in faccia il bigotto insulto all'italiana media: "non sei sicuramente italiana", anche se lo è da due generazioni, vuole solo dirci, con questo libro: "svegliaaaaaaa siamo tutte e tutti GRASSOFOBICHE".
Perchè? Perchè viviamo in una società, in contesti scolastici e famigliari che lo sono. Lo sono perchè siamo figlie e figli di una storia post coloniale che ha ideato l'equazione MAGRA = BELLA E ACCETTATA = BUSINESS.
A questo Marianna aggiunge anche la componente del razzismo: in Italia poi pane quotidiano anche della più semplice conversazione sulla tazza del water, visto che basiamo intere campagne elettorali, ormai anche scadute, sulla "caccia alle migranti". E la migrante è per forza colei che ha un colore della pelle diverso dal nostro, se no, durante la migrazione ucraina forzata dalla guerra di Putin, non avremmo fatto a gara a chi ne "adottava" di più, come ci ricorda Checco Zalone nello sketch "Amore + Iva". "Sono poi europee come noi alla fine", facendo riferimento indirettamente al loro colore di pelle, ho sentito dire spesso in contesti da bar. Errato: l'ho sentito dire anche in contesti pubblici e istituzionali, da persone che ci piace definire "studiate". Ma si sa che l'ipocrisia fa parte del genere umano, in Italia più che mai.
Attenzione però, non scordiamocelo: Marianna è prima di tutto donna. E' una donna, grassa, razzializzata. Ebbene sì, un'intersezione di caratteristiche discriminatorie che oggi lei sa riconoscere.
Ma quando era piccola? Quando era ragazza?
L'attivista, dal nome che prende in giro il modo di pronunciare "Influencer", attraverso il suo saggio, in cui ci tiene a mettere subito in chiaro la rilevanza dell'uso delle parole, tanto da dedicare all'inizio del manuale un vero e proprio glossario in suo stile (GLOSSARIO FOTONICO), attraverso le righe, a volte più marcate e visibili, altre più sottili e nascoste, ci racconta la difficoltà e il dolore di aver nella sua vita preso consapevolezza, in tempi diversi, delle sue caratteristiche discriminatorie che la definivano in rapporto a se stessa, alle altre e agli altri.
Come ci racconta lei stessa, esistono tre sfere di consapevolezza dove avviene la discriminazione del nostro corpo: quella personale, con noi stesse, quella interpresonale, con le altre persone e quella istituzionale, che magari non ti fa sedere sull'aereo o trovare il vestito che vorresti della tua taglia.
Marianna però ci avverte che come le tre sfere si intersecano nella discriminazione del sè, così si intersecano nelle battaglia che dobbiamo affrontare insieme, perchè "il corpo nella lotta contro la grassofobia" e aggiungerei contro la discriminazione sulle donne e contro il razzismo "è contemporaneamente arma e bersaglio".
Forse la parte più bella di questo succulente saggio, direi "da mangiare in un sol boccone e poi leccarsi le dita", è quanto Marianna si impegna però a ricordarci, che, e cito la frase di una partigiana di Castelnuovo Monti di 98 anni "non possiamo però metterci sempre tutto il mondo sulle spalle". Perchè? Perchè va bene la consapevolezza che non sia il nostro corpo a non conformarsi, ma che sia la società grassofobica a non farlo sentire adeguato, va bene che alla base della strumentalizzazione del corpo di una donna ci sia sempre la sessualizzazione di esso, anche dietro a movimenti come la Body Positive, va bene prendere consapevolezza e fare rumore contrastando la mamma grassofobica che alle cene di Natale ci ricorda di non mangiare troppo o scendendo in piazza con lo striscione "BASTA GRASSOFOBIA", ma va bene anche ricordarsi della propria salute mentale e che bisogna sempre attuare la strategia del read the room (leggere la stanza), per capire che non siamo le paladine del mondo e prima di salvare noi stesse e le altre, dobbiamo salvare la nostra salute mentale (un gioco di parole dal suono ridondante, ma giusto).
E' poi questa la consapevolezza: ricordarci che in un corpo la parte più importante è il nostro benessere. Ed è ciò che lo definisce, lo limita e lo rende unico e aggiungerei (sempre per fare un po' di clickbait) meraviglioso.
Grazie Marianna! Grazie per il tuo "delizioso" contributo.
Da una ragazza grassofobica
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